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BENESSERE

Lo zoom out come strumento per gestire le relazioni professionali partendo dall'individuo

23.03.2023

Secondo Chat GPT

L'autoconsapevolezza è la capacità di una persona di riconoscere e comprendere i propri pensieri, emozioni, comportamenti e motivazioni. Si tratta di un processo di auto-riflessione che aiuta a comprendere se stessi in modo più profondo e a sviluppare una maggiore consapevolezza delle proprie forze, limitazioni e bisogni. L'autoconsapevolezza può essere sviluppata attraverso la pratica della meditazione, dell'auto-riflessione, dell'osservazione di sé stessi e della raccolta di feedback dagli altri. Essa è considerata una competenza essenziale per la crescita personale e il miglioramento continuo.

Per iniziare questo viaggio nei trend HR abbiamo scelto un tema chiave per l’approccio human centric: l’autoconsapevolezza come strumento di evoluzione professionale.

L’autoconsapevolezza è la capacità di capire le proprie emozioni e il loro impatto sulle “nostre” prestazioni, sapere cosa si sta provando e perché, e come questo aiuta o danneggia ciò che si sta cercando di fare.  

Lo analizziamo attraverso la storia che ha anche portato alla nascita di Hacking Talents, raccontata dalla nostra CEO e Co-founder Federica Pasini sul palco di TedxLerici.

In quel periodo ho imparato a fare “zoom out” – cioè a fermarmi a riflettere sulle mie azioni e su quelle di colleghi, clienti e fornitori. Prima di fare di nuovo “zoom in” e agire seguendo la nuova strategia.

Questa storia è intitolata “Zoom Out, una Tecnica Di Sopravvivenza” e inizia con le prime esperienze nell’ interfacciarsi con emozioni negative difficili da gestire.

“La prima volta che sono scoppiata a piangere in un contesto professionale ero in seconda elementare. I miei genitori avevano smesso di parlarsi, e avevano iniziato a dividere beni, abitudini e a separare la mia famiglia per sempre. “

E con le prime reazioni verso queste emozioni.

“Iniziai a soffocare le mie emozioni.”

Soffocare le emozioni è una reazione umana e normale nelle situazioni di difficoltà in quanto tutela dal farsi sovrastare in maniera insostenibile. Tuttavia, senza un lavoro di consapevolezza, metabolizzazione e conseguente gestione di queste emozioni, può portare ad atteggiamenti e comportamenti che ledono il proprio benessere emotivo.

“Nonostante questa volontà, spesso mi rendevo conto di fare molta fatica ad essere accettata dai compagni di università. Non ero capace di essere una giovane studentessa che interagiva con gli altri senza far emergere la mia grande rigidità, che li allontanava.”

La rigidità nei confronti delle proprie emozioni può condizionare negativamente anche il rapporto con il lavoro o i colleghi trasformandosi in un ostacolo alla propria crescita personale e professionale.

Mi offendevo se qualcuno non voleva ascoltare il mio punto di vista perché vedevano le cose in modo diverso (anche se spesso avevano ragione). Sentivo un fortissimo senso di ingiustizia quando leggevo di promozioni di persone che non stimavo.  Sentivo grande vergogna per piccolissime mancanze o errori che commettevo, anche quando gli altri non se ne accorgevano.

Questa storia racconta anche come la capacità di comprendere e gestire le proprie emozioni può essere allenata ed imparata e come questo impatti in modo rivoluzionario sul proprio approccio, comportamento e soprattutto sul proprio benessere.

A 25 anni ho iniziato un leadership program in una gigante del tech dove ho iniziato a lavorare con il pubblico, ogni giorno vedevo centinaia, a volte migliaia di persone. E chi avevo attorno aveva il compito di “insegnarmi la leadership”.

Quel percorso mi ha portata a ragionare in profondità sul come si lavora, su come ciò che facciamo dipenda da tantissimi fattori che crediamo siano “automatici”, ma che in realtà possono essere capiti, guidati e migliorati.  

In quel periodo ho imparato a fare “zoom out” – cioè a fermarmi a riflettere sulle mie azioni e su quelle di colleghi, clienti e fornitori. Prima di fare di nuovo “zoom in” e agire seguendo la nuova strategia.  
Nei momenti in cui qualcuno non ascolta il mio punto di vista mi chiedo se quello è un buon momento per la persona per recepire il mio messaggio, o se le parole e il tono usato siano corretti.
Quando qualcuno che non stimo vince un riconoscimento, cerco di vedere cosa quella persona fa meglio di me, cosa posso imparare da lei o da lui
O ancora, quando sbaglio qualcosa cerco di capire perché ho avuto quell’atteggiamento negativo o se ho tutti gli strumenti per fare bene.

Mi piace pensare che quel posto dello zoom out si possa chiamare emosfera, possa cioè essere un dojo dove analizzare il contesto, leggere il non detto di chi mi sta attorno e capire le mie volontà.  

Questo nuovo approccio mi ha cambiato la vita e soprattutto mi ha permesso di esprimere me stessa nel posto dove passo la maggior parte del mio tempo: il lavoro. Ma soprattutto ci vuole uno scambio umano: Ci vogliono degli specchi, delle guide che ci accompagnino, che ci mostrino, a volte che ci motivino.

Perché la vita è un percorso collettivo e noi cresciamo insieme e grazie agli altri.

Da questa visione è nata la piattaforma di Hacking Talents che permette alle organizzazioni di sviluppare l’autoconsapevolezza di tutti i propri dipendenti e collaboratori con una metodologia efficace e veloce.

Nabila Lorini

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