Ci sono alcune parole nell’ambito delle Risorse Umane di cui ci capita di leggere e di sentirne parlare quasi quotidianamente. Termini come resilienza, burnout, gestione dello stress sono voci ormai fisse del vocabolario di una persona sul luogo di lavoro che si trova ad affrontare qualcosa che rischia di minare la propria stabilità.
Eppure, anche eventi positivi come una promozione, un riconoscimento di un successo e dei buoni colleghi sono tutte caratteristiche del lavoro che hanno ricadute sul proprio benessere.
Insomma: il benessere è un concetto del quale abbiamo tutti familiarità eppure definirlo con chiarezza non è affatto semplice. Da questa introduzione emerge però un primo importante tema: il benessere (e di conseguenza il malessere) non è qualcosa di fisso ed immutabile, ma è un costrutto dinamico, ovvero qualcosa che può essere modificato.
Sono sei le dimensioni che compongono il benessere secondo uno dei contributi teorici più importanti: il modello di Carol Ryff e collaboratori (1995; 2008). L’elemento più importante che unisce queste dimensioni è il tema dell’autorealizzazione della persona.
Ecco la struttura di questo modello:
Questo modello non nasce nello specifico del mondo lavorativo, quanto piuttosto per descrivere quegli elementi importanti per il benessere in tutti i contesti di vita della persona. Essendo il lavoro un aspetto fondamentale della vita di un individuo e della sua identità, ecco che queste sei dimensioni possono essere applicate tranquillamente al contesto organizzativo come veri e propri programmi di benessere aziendale.
Ecco alcuni esempi pratici:
Come abbiamo visto, è possibile migliorare salute e benessere in azienda attraverso iniziative pratiche. Tutti questi programmi di intervento sono uniti da un unico filo conduttore: l’autorealizzazione della persona.
Questo significa permettere ad una risorsa di esprimere le proprie potenzialità per raggiungere uno stato ottimale di sviluppo sul luogo di lavoro.
È rassicurante sapere che ognuno di noi come essere umano possiede le risorse cognitive alla base del benessere, come ad esempio le emozioni positive, la capacità di comunicare e l’empatia; ma anche conoscenze, esperienze e abilità provenienti da diversi ambiti della vita. L’importante è imparare ad ottimizzare quelle risorse che non sono ancora espresse nel loro pieno potenziale.
Il benessere all’interno dell’organizzazione è uno dei temi di maggiore rilevanza nel mondo delle risorse umane, oltre che un tema di business in rapida crescita: la realtà dei fatti è che oggi non c’è più spazio per le inefficienze in azienda in quanto queste hanno ricadute economiche significative.
Investire sul benessere del proprio capitale umano è anche un importante tema di attrattività rispetto ai talenti presenti sul mercato del lavoro (sappiamo bene quanto sia difficile in questo momento trovare nuove risorse) e di trattenimento di quelli già presenti all’interno della propria organizzazione.
In altre parole, i programmi di benessere aziendale sono direttamente correlati con lo sviluppo del senso di appartenenza del proprio capitale umano.
Il benessere aziendale può essere potenziato: le evidenze scientifiche lo testimoniano e il mercato del lavoro esprime la necessità di intervenire in questa direzione, attraverso programmi strutturati e scalabili su tutta l’organizzazione.
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BIBLIOGRAFIA
Ciceri, M. R., Amoretti, G. F., & Feldman, R. S. (2013). Psicologia generale.
Ryff, C. D., & Singer, B. H. (2008). Know thyself and become what you are: A eudaimonic approach to psychological well-being. Journal of happiness studies, 9, 13-39.
Autore: Christian Clerico Titinet